Motel Chronicles
A Rapid City, Sud Dakota, mia madre mi dava da succhiare dei cubetti di ghiaccio avvolti in un fazzoletto. A quell'epoca stavo mettendo i denti e il ghiaccio mi intorpidiva le gengive.
Quella notte attraversammo la Terra dei Banditi. Io viaggiavo sulla mensola dietro al sedile posteriore della Plymouth e guardavo le stelle di fuori. Il vetro del finestrino era freddo gelato a toccarlo.
Ci fermammo nella prateria in un posto con enormi dinosauri di gesso bianco disposti in cerchio. Non c'era una città. Solo questi dinosauri con delle lucette che li illuminavano dal basso.
Mia madre mi portava in giro avvolto in una coperta marrone dell'esercito e canticchiava un motivo lento. Penso che fosse "Colpiscimi al cuore". Lo canticchiava dolcemente tra sé. Come se i suoi pensieri fossero molto lontani.
Sgusciammo lentamente fuori e dentro i dinosauri. Tra le loro gambe. Sotto le loro pance. Girammo intorno al Brontosauro. Alzammo gli occhi sui denti del Tyrannosaurus Rex. Avevano tutti delle lucette azzurre al posto degli occhi.
Non c'era nessuno in giro. Solo noi e i dinosauri.
9/1/80 Homestead Valley, Ca.
Inizia così Motel Chronicles di Sam Shepard, con un racconto potente, che fa capire fin da subito quale sarà lo stile di tutto il libro, cioè principalmente lavorare per immagini.
Lessi questo libro la prima volta ormai venticinque anni fa: cresciuto con il cinema e la musica americana, ora anche la letteratura alimentava una costante che mi avrebbe accompagnato per il resto della vita: la ricerca del wide open, che comprendeva una idea di viaggio e movimento che diventò quasi un'ossessione.
Soltanto diversi anni dopo riuscii a varcare l'oceano, prima nella città per eccellenza (New York che mi apparve come in un sogno) e poi una prima visita nell'ovest, seguita da altre, ognuna delle quali mi ha segnato profondamente.
I deserti, le strade, i motel e tutte quelle visioni che mi sembrava di conoscere da sempre e che mi riempivano gli occhi finché non mi facevano male, perché quella luce, per noi della Val Padana, è qualcosa di incredibilmente bello, la cosa più vicina alla valle dell'Eden che si possa immaginare.
Anche la maturità e la consapevolezza dei lati oscuri di quel paese pieno di contraddizioni, compresa il fatto che il sogno americano era finito ancor prima di iniziare, non mi ha mai fermato in quella ricerca.
Come per altri europei (eccellenti come Wim Wenders e Robert Frank per dirne due), la potenza di quella visione non è mai diminuita per me.